(Tratto dalla lettera annuale di Warren E. Buffett agli azionisti della Berkshire Hathaway inc. del 25/2/12)

Investire è spesso descritto come il processo di sborsare denaro adesso nell’aspettativa di ricevere più denaro nel futuro.

Alla Berkshire noi prendiamo un approccio più esigente, definendo l’investire come il trasferimento ad altri di potere d’acquisto adesso con la ragionata aspettativa di ricevere più potere d’acquisto, dopo aver pagato le tasse sui guadagni nominali, nel futuro. Più in sintesi, investire è rinunciare a consumare adesso allo scopo di avere la capacità di consumare di più in una data futura.

Dalla nostra definizione deriva una importante logica conseguenza: la rischiosità di un investimento non è misurata dal beta (un termine usato a Wall Street che comprende la volatilità ed è spesso utilizzato per misurare il rischio) ma piuttosto dalla probabilità – la ragionata probabilità – che quell’investimento causi al suo possessore una perdita di potere d’acquisto durante il periodo considerato. I beni possono fluttuare molto nel prezzo e non essere rischiosi a condizione che sia ragionevolmente certo che ci restituiscano un potere d’acquisto incrementato alla fine del periodo di possesso. E come vedremo, un attivo che non fluttua può essere carico di rischio.

Le possibilità di investimento sono tante e diverse. Ci sono tre principali categorie, comunque, ed è importante capire le caratteristiche di ognuna.  Così facciamo un’indagine sul campo.

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  • Investimenti monetari, che includono fondi monetari, obbligazioni, cartelle fondiarie, depositi bancari, e altri strumenti. La maggior parte diquesti investimenti monetari sono ritenuti “sicuri”. In realtà sono tra gli attivi più pericolosi. Il loro beta può essere zero, ma il loro rischio è enorme.

Nell’ultimo secolo questi strumenti hanno distrutto il potere d’acquisto degli investitori in molti paesi, anche se i loro possessori hanno continuato a ricevere puntuali pagamenti di interessi e rimborsi del capitale. Questo brutto risultato, inoltre, si ripeterà per sempre. I governi determinano il reale valore della moneta, e forze sistemiche talvolta li inducono a gravitare verso politiche che producono inflazione. Ogni tanto tali politiche vanno fuori controllo.

Perfino  negli Stati Uniti, dove il desiderio per una valuta stabile è forte, il dollaro ha perso uno sbalorditivo 86% del suo valore dal 1965, quando ho assunto la responsabilità di Berkshire. Ci vogliono non meno di 7 dollari oggi per comprare quello che 1 dollaro comprava allora. Di conseguenza, una istituzione esentasse avrebbe avuto bisogno di un interesse annuale del 4,3% durante tutto il periodo per mantenere semplicemente il suo potere d’acquisto. I suoi manager si sarebbero presi in giro se avessero considerato anche solo una parte di quell’interesse come un reddito.

Per investitori soggetti a tassazione come voi e me, il quadro è stato ben peggiore. Durante lo stesso periodo di47 anniil rinnovo continuo di titoli di stato statunitensi a breve termine avrebbe prodotto un rendimento annuo composto del 5,7%.  Ciò sembra soddisfacente. Ma se un investitore avesse pagato imposte ad un’aliquota media del 25%, questo 5,7% non avrebbe reso nulla in termini reali. La tassa visibile sul reddito gli avrebbe tolto l’1,4% e quella invisibile dell’inflazione gli avrebbe divorato i restanti 4,3 punti.  Da notare che l’implicita tassa dell’inflazione è stata più del triplo dell’esplicita tassa sul reddito che il nostro investitore riteneva essere il suo principale fardello. “ Noi confidiamo in Dio” dovrebbe essere stampato sulle nostre banconote, ma la mano che aziona la stampante  del nostro governo è stata troppo umana.

Elevati tassi d’interesse, naturalmente, possono compensare gli acquirenti dei rischi d’inflazione che corrono quando affrontano investimenti monetari- e in effetti,  i tassi d’interesse nei primi anni ‘80 hanno fatto questo lavoro egregiamente.  I tassi attuali, comunque, non si avvicinano nemmeno a compensare il rischio di potere d’acquisto che gli investitori si assumono.  Al giorno d’oggi le obbligazioni dovrebbero essere proposte con un avviso di pericolo.

Alle condizioni di oggi, pertanto, non mi piacciono gli investimenti monetari.  Ciononostante Berkshirene detiene un ammontare significativo, prevalentemente della varietà a  breve termine.  Alla Berkshireil bisogno di una liquidità abbondante occupa un posto centrale e non sarà mai alleggerita, per quanto inadeguati possano essere i tassi d’interesse. Per soddisfare questo bisogno, noi principalmente deteniamo titoli del tesoro USA a breve termine, l’unico investimento che può essere considerato liquido anche nelle più caotiche condizioni economiche.  Il livello di funzionamento della nostra liquidità è 20 miliardi di dollari; 10 è il nostro minimo assoluto.

A parte i requisiti che la liquidità e le autorità di controllo ci impongono, noi compreremo investimenti monetari solo se offrono la possibilità di guadagni inconsueti- o perché un particolare credito è sottovalutato, come può capitare in periodi di crollo dei titoli spazzatura, o perché i tassi salgono ad un livello tale daoffrire la possibilità di realizzare un cospicuo guadagno su obbligazioni altamente affidabili quando i tassi scenderanno. Sebbene noi abbiamo sfruttato entrambe le possibilità nel passato – e potremmo farlo ancora – attualmente siamo lontani 180 gradi da tali prospettive. Oggi, un sarcastico commento cheil banchiere di Wall StreetShelby Cullom Davis fece molto tempo fa sembra appropriato: “Le obbligazioni, pubblicizzate come prodotti che offrono rendimenti privi di rischio sono attualmente prezzate per offrire rischio senza rendimento”.

  • La seconda principale categoria d’investimento riguarda beni che non produrranno mai nulla, ma che sono comprati nella speranza, da parte del compratore, che qualcun altro  –  che pure sa che quei beni saranno per sempre improduttivi- pagherà di più per essiin futuro.  I Tulipani, tra tutti, diventarono per un breve momento l’investimento preferito di quel tipo di compratore nel 17° secolo.

Questo tipo di investimento richiede un crescente serbatoio di compratori, che, a loro volta, sono attirati perché credono che il gruppo di compratori si espanderà ancora di più. I proprietari non sono ispirati da ciò che il bene stesso può produrre –  esso rimarrà inanimato per sempre – ma piuttosto dalla convinzione che altri lo desidereranno ancora più avidamente in futuro.

Il principale bene in questa categoria è l’oro, attualmente un grande favorito degli investitori che temono quasi tutti gli altri beni, specialmente la cartamoneta (del cui valore, come detto, essi hanno ragione di essere timorosi). L’oro, comunque, ha due difetti importanti, né essere di molto uso né essere procreativo. E’ vero, l’oro ha qualche utilità industriale e decorativa, ma la domanda per questi scopi è limitata e incapace di assorbire nuova produzione. Mentre, se possiedi un’oncia d’oro per un lunghissimo periodo, possederai sempre un’oncia alla fine di esso.

Ciò che sprona la maggior parte dei compratori d’oro è la loro convinzione che le file dei timorosi cresceranno. Durante l’ultimo decennio questa convinzione si è rivelata corretta. A parte questo, il prezzo crescente ha esso stesso generato un entusiasmo nell’acquisto, attraendo compratori che vedono la crescita come una conferma della loro tesi d’investimento. Siccome molti “saltano sul carro del vincitore”, essi si creano la loro verità – per un po’.

Negli ultimi 15 anni, sia le azioni Internet che le case hanno dimostrato gli straordinari eccessi che possono essere creati combinando una tesi inizialmente ragionevole con prezzi crescenti ben pubblicizzati. In queste bolle, un esercito di investitori inizialmente scettici si è arreso alla “prova” data dal mercato, ed il serbatoio dei compratori – per un periodo – si è espanso abbastanza da tenere il “carro del vincitore” in movimento. Ma le bolle ben gonfiate inevitabilmente scoppiano. Ed a quel punto il vecchio proverbio viene ancora una volta confermato: “Cioè che l’uomo saggio fa all’inizio, lo stupido lo fa alla fine”.

Oggi la scorta mondiale di oro è di circa 170.000 tonnellate. Se tutto questo oro venisse fuso insieme, formerebbe un cubo di circa 21 metri per lato. (immaginatelo comodamente sistemato nella parte centrale di un campo da baseball.)  A 1.750 $ all’oncia – prezzo dell’oro mentre scrivo questo – il suo valore sarebbe di 9.600 miliardi di dollari. Chiamate questo cubo pila A.

Creiamo adesso una pila B che costi un ammontare uguale. A quel prezzo, noi potremmo comprare tutto il terreno coltivabile degli USA (400 milioni di acri – 1,6 miliardi di mq – con una produzione di circa 200 miliardi di dollari all’anno), più 16 Exxon Mobil (la società più profittevole al mondo, ognuna che guadagna più di 40 miliardi di dollari all’anno). Dopo questi acquisti, ci rimarrebbero 1.000 miliardi di dollari per le spese correnti (non avrebbe senso sentirsi a corto di soldi dopo questa abbuffata di acquisti). Potete immaginare un investitore con 9.600 miliardi di dollari che preferisca la pila A rispetto alla pila B?

A parte la sbalorditiva valutazione data alla scorta di oro esistente, gli attuali prezzi comportano una valutazione dell’odierna produzione annuale di circa 160 miliardi di dollari. I compratori – siano essi gioiellieri, utilizzatori industriali, persone spaventate o speculatori – devono continuamente assorbire questa ulteriore scorta semplicemente permantenere un equilibrio ai prezzi correnti.

Tra un secolo i 400 milioni di acri di terreno coltivabile avranno prodotto sbalorditive quantità di grano, frumento, cotone, e altri prodotti della terra – e continueranno a produrre tale preziosa abbondanza, qualunque possa essere la moneta in vigore. La Exxon Mobil avrà pagato trilioni di dollari in dividendi ai suoi proprietari e possederà anche beni del valore di molti più trilioni (e, ricordatevi, avete 16 Exxon).  Le 170.000 tonnellate d’oro saranno immutate in dimensione e ancora incapaci di produrre alcunché. Potrete accarezzare il cubo, ma non risponderà.

Bisogna ammetterlo, quando la gente tra un secolo sarà timorosa, è probabile che corra all’oro. Sono convinto, comunque, che i 9.600 miliardi di dollari della attuale valutazione della pila A avranno capitalizzato nel secolo ad un tasso molto inferiore di quelli della fila B.

Le nostre prime due categorie godono della massima popolarità nei picchi di paura. Il terrore di un crollo economico guida gli individui verso gli investimenti monetari, in particolare verso le obbligazioni, e la paura di un crollo della moneta favorisce il movimento verso beni sterili quali l’oro. Noi abbiamo sentito “la liquidità è regina” verso la fine del 2008, proprio quando la liquidità avrebbe dovuto essere investita piuttosto che detenuta. Allo stesso modo, noi abbiamo sentito “la liquidità è spazzatura” agli inizi degli anni ’80 proprio quando gli investimenti in dollari a tasso fisso erano al livello più attraente a memoria d’uomo. In quelle occasioni, gli investitori che avevano bisogno di un diffuso consenso hanno pagato a caro prezzo quel conforto.

  • La mia preferita – e sapevate che ci sarei arrivato – è la nostra terza categoria: investimenti in beni produttivi, che siano essi aziende, fattorie, o immobili. Idealmente, questi beni dovrebbero avere la capacità, in tempi di inflazione, di assicurare un rendimento che mantiene il loro potere d’acquisto limitando al minimo la richiesta di investimento di nuovo capitale. Fattorie, immobili, a molte società come Coca-Cola, IBM e la nostra See’s Candy soddisfano questo doppio requisito. Certe altre società – penso alle nostre utilities regolamentate, per esempio – non ci riescono perché l’inflazione impone loro prsanti necessità di capitale. Per guadagnare di più, i loro proprietari devono investire di più. Anche così, questi investimenti rimarranno superiori a quelli non produttivi o monetari.

Sia che la moneta tra un secolo sia basata su oro, conchiglie, denti di squalo, o un pezzo di carta (come oggi), la gente sarà disposta a scambiare un paio di minuti del loro lavoro quotidiano per una Coca-Cola o alcune noccioline croccanti della See’s Candy. In futuro la popolazione degli USA muoverà più merci, consumerà più cibo, e richiederà più spazio per vivere di quanto non faccia oggi.  La gente scambierà per sempre quello che produce con quello che altri producono.

Le società del nostro paese continueranno a consegnare efficientemente merci e servizi richiesti dai nostri cittadini. Metaforicamente, queste “mucche” commerciali vivranno per secoli e daranno quantità di latte sempre maggiori. Il loro valore sarà determinato non tanto dal mezzo di scambio ma piuttosto dalla loro capacità di produrre latte. I ricavi dalla vendita del latte capitalizzeranno per i proprietari delle mucche, esattamente come hanno fatto nel 20° secolo durante il quale il Dow Jones è cresciuto da 66 a 11.497 (e pagato anche un sacco di dividendi). L’obiettivo della Berkshire sarà di incrementare il possesso di società di prima classe. Il nostro primo scopo sarà di possederle interamente – ma saremo proprietari anche possedendo significative quantità di azioni quotate. Credo che alla fine di qualsiasi periodo sufficientemente lungo questa categoria di investimento si dimostrerà di gran lunga la vincitrice tra le tre che abbiamo esaminato. E ancora più importante, sarà di gran lunga la più prudente.