Le elezioni in Francia

La vittoria di Macron fa sorridere i mercati

La maggior parte degli osservatori e dei sondaggi davano al secondo turno delle presidenziali Macron e Le Pen. Quello che molti non si aspettavano – ed è questa la ragione per la quale i mercati azionari europei hanno reagito al rialzo in modo veemente – è che Macron sia arrivato primo con il 24% circa e Le Pen si sia fermata sotto il 22%. In sostanza la candidata del Front National ha pescato solo nel bacino degli elettori che abitualmente la votano, senza sfondare altrove. Per il secondo turno, inoltre, i candidati perdenti (Fillon e Hamon) hanno già detto di votare per Macron e anche Melènchon – il candidato di estrema sinistra – pur lasciando libertà di coscienza ai suoi elettori ha comunque aggiunto che non voterà mai Le Pen. A questo punto la vittoria di Macron il 7 maggio sembra abbastanza certa e i mercati ne hanno subito preso atto.

Il quadro europeo

Dopo il voto francese i mercati tornano ai fondamentali

Si apre, quindi, una fase dove finalmente si osserveranno solo i fondamentali economici. Infatti, né le elezioni inglesi né tantomeno quelle tedesche rappresentano un rischio per il mercato e si dovranno attendere quelle italiane che, presumibilmente, si terranno fra circa un anno.

Situazione rosea o nuova fase di stagnazione?

Nel frattempo gli indicatori di sentimento in Europa continuano a migliorare e segnalano una crescita prospettica per il secondo trimestre dell’anno al 3% annualizzato. Intanto, le stime di crescita per il primo quarto sono intorno allo 0,6-0,7% trimestre su trimestre, quindi in accelerazione rispetto al secondo semestre 2016. Nonostante questo scenario abbastanza roseo la BCE (che si riunisce oggi, giovedì 27 aprile) non cambierà il tono accomodante delle ultime settimane, rimandando ogni valutazione a giugno, quando si capirà bene se l’arresto della risalita dell’inflazione in marzo (vedi Weekly CofFIN Break 20 aprile) si rivelerà un segnale isolato o l’inizio di una nuova fase di stagnazione dei prezzi.

Il contesto americano

Trump lancia la rivoluzione fiscale!

In America prosegue la tendenza alla divaricazione fra i cosiddetti “soft data”, come la fiducia dei consumatori sempre vicina ai massimi da 20 anni a questa parte, e gli “hard data”, come ad esempio le vendite al dettaglio che invece stentano ancora a decollare. Può darsi che la proposta di Trump, sulla riduzione del carico fiscale, funga da nuova linfa per convincere gli americani a consumare di più (storicamente il tasso di risparmio dei cittadini americani è sempre stato la metà di quello prevalente in questi anni dopo la crisi). Una mano all’ottimismo la dà la statistica sulle vendite di nuove case, al massimo del ciclo attuale (ma pur sempre il 50% in meno rispetto ai picchi registrati a metà degli anni 2000).