Ammontano ad oltre 375 miliardi i titoli di Stato italiani scaduti o in scadenza nel 2021, a cui si aggiungono i 260 miliardi che giungeranno a termine nel 2022.

Una cifra enorme che andrà ad alimentare ancora di più i conti correnti (che già stanno per toccare i 2.000 miliardi di euro!)

Che fare con questa montagna di soldi?

  • Una possibilità è lasciarli “dormire” sul conto corrente a rendimento zero.

O negativo visti i costi che molte banche stanno iniziando ad esigere. Non potendo applicare tassi negativi (vietati dalla legge in Italia) le banche si sono infatti inventate la “excess liquidity fee”, una commissione calcolata sulla liquidità eccedente un determinato importo.

  • Oppure reinvestirli in nuove emissioni di titoli di Stato o di buoni postali.

Che però con rendimenti ben inferiori all’1% (lordo) a 10 anni, non risultano particolarmente convenienti.

Anche perché l’inflazione sta iniziando a rialzare la testa, pertanto tra 10 anni avresti la certezza di ritrovarti (in termini di reale potere di acquisto) con meno soldi di quanto ne hai oggi

Un esempio concreto di cosa significa inflazione? Quello che è successo ai risparmiatori americani che hanno acquistato un titolo di Stato Usa lo scorso anno.

Nei sei mesi cha vanno dall’inizio di aprile alla fine di settembre del 2020, il rendimento del decennale americano ha oscillato tra lo 0.50 e lo 0.60 per cento. Trilioni di dollari di titoli decennali sono stati quindi comprati per sei mesi sapendo che si sarebbe ottenuto, dal 2020 al 2030, un flusso cedolare complessivo compreso tra il 5 e il 6 per cento, più qualche briciola per gli interessi composti e meno le tasse. 

È bastato un anno di inflazione (al 5.0 per cento dal maggio 2020 al maggio 2021) per vedersi portare via dieci anni di cedole. Ora ne restano altri nove. Con l’inflazione a zero per nove anni si andrà in pari, ma con l’inflazione sopra il due per cento (che la Fed dichiara di volere nella prossima fase storica e che la Bce si prepara ad annunciare come obiettivo non appena sarà terminata la sua revisione strategica) gli sfortunati compratori di Treasuries del 2020 si troveranno nel 2030 con una perdita di potere d’acquisto, come minimo, del 18 per cento. E questo sul risk free per antonomasia.

Quali alternative ci sono?

  • Immobili e azioni (e bitcoin) sono senza dubbio una possibilità, ma meritano un approfondimento differente da parte tua.
  • Se invece vuoi rimanere nell’ambito degli investimenti a basso rischio, del credito, delle obbligazioni, una soluzione c’è, anche se ancora poco conosciuta. 

Sto parlando degli investimenti in fondi di Private Debt.

Fino a poco tempo fa riservati ad investitori istituzionali o grandi patrimoni, ora invece sono ampiamente accessibili a tutti gli investitori e riescono ad offrire rendimenti di tutto rispetto anche con durate più brevi di quelle a cui siamo abituati con i BTP.

I fondi di Private Debt acquistano titoli obbligazionari e altri strumenti di credito emessi da piccole e medie aziende.

Certamente ci vuole la giusta competenza ed esperienza per selezionare le aziende giuste e acquisire i titoli migliori, per questo è opportuno investire attraverso un fondo che lo faccia in modo professionale.

Il Private Debt porta con sé diversi vantaggi:

  • sostiene concretamente le nostre imprese, elemento essenziale per alimentare la crescita economica del nostro Paese;
  • è completamente esentato dalle imposte sulle plusvalenze e successorie (rientrando nella normativa dei PIR alternativi);
  • la maggior parte dei prestiti beneficiano della garanzia sul capitale da parte del Ministero dello Sviluppo Economico attraverso il Fondo Centrale di Garanzia per le PMI (quindi la stessa garanzia dello Stato che hanno i BTP);
  • offre ottimi rendimenti: tra il 4 e il 6 per cento annuo (a fronte del rendimento di un BTP di pari durata tra lo 0.30 e lo 0.50 per cento).

Hai anche tu titoli in scadenza o “troppa” liquidità sul conto corrente?

Il Private Debt può diventare sicuramente una perfetta soluzione.