Mercati bloccati dalla paura? 3 settori vincenti su cui puntare

Dopo il vertiginoso recupero primaverile, i principali mercati si sono completamente fermati.

S&P 500 (in Euro) 1 luglio 2.773 21 ottobre 2.900

Eurostoxx 50 1 luglio 3.228 21 ottobre 3.180

FTSE MIB 40 1 luglio 19.330 21 ottobre 19.085

La ragione principale sembra essere la fine degli interventi “straordinari” di FED e BCE.

Certo, la parte ordinaria (che poi tanto “ordinaria” non è) continua, ma le iniezioni di trilioni che hanno inondato i mercati finanziari, almeno per ora, si sono fermate.

Se a questo aggiungiamo la paura derivante dalla seconda ondata del virus, ecco che non sembra esserci una gran voglia di investire.

Ulteriore conferma è il costante aumento della liquidità sui conti correnti, superiore ai duemila miliardi di euro solo in Italia.

Vi sono tuttavia 3 settori in cui investire adesso:

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Cina

Il virus è sotto controllo e i consumi interni sono tornati ai livelli di inizio anno.

Il renminbi sta acquisendo sempre maggior credibilità per affiancare il dollaro come valuta di riferimento degli scambi internazionali.

In pochi anni, complice anche il rallentamento delle altre economie “sviluppate”, la Cina avrà il maggior PIL mondiale.

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ESG

Gli investimenti sostenibili sono passati in pochi anni dall’essere una semplice “moda” ad un punto fermo nella gestione delle principali aziende mondiali.

Dal Green Deal al Recovery Fund, le istituzioni europee hanno deciso di porre ambiente e clima al centro dei piani di ripresa economica dopo la pandemia da coronavirus.

La sempre più probabile vittoria di Biden riporterà in alto l’attenzione anche oltreoceano, con investimenti milionari a favore delle aziende più virtuose.

La stessa Cina continua a varare riforme attente all’ambiente, a partire dalle auto elettriche.

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Tecnologia

La pandemia ha cambiato probabilmente per sempre le nostre abitudini e l’utilizzo della tecnologia è diventata ormai parte integrante del nostro modo di lavorare e di vivere.

I BIG del settore ne hanno già tratto enorme vantaggio.

Vi sono tuttavia altri settori della tecnologia più “nascosti” in forte crescita: la cura della sicurezza informatica, l’archiviazione in “cloud” di una mole sempre più elevata di dati, la logistica legata al commercio elettronico, sono solo alcuni esempi di aziende che si rileveranno sempre più essenziali da adesso in avanti.

Hai “troppa” liquidità sul tuo conto corrente?

Vuoi iniziare ad investire in questi 3 settori vincenti fin da subito?

Contattami e ti accompagnerò nelle scelte.

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Basta scuse, torniamo ad investire!

Non ho paura del virus. Nel momento in cui nasciamo, la vita ci mette davanti a dei rischi che dobbiamo affrontare. Il rischio di oggi si chiama Coronavirus e io lo vivo con la stessa preoccupazione di quando esco di casa e attraverso la strada. Adottando i giusti comportamenti credo che si possa tornare alla normalità“.

Queste le parole della maestra Francesca Sivieri che ha fatto scalpore affermando “Basta scuse, torniamo in cattedra”.

Allo stesso modo sono convinto nell’affermare “Basta scuse, torniamo ad investire”!

Sì perché la stragrande maggioranza degli investitori è ancora “bloccata” dalla paura.

Dei 1.500 miliardi di euro congelati sui conti correnti ho parlato QUI, così come dell’abitudine degli italiani di sottoscrivere titoli di Stato nostrani, anche quando rendono poco o nulla (approfondisci QUI).

Diciamoci la verità, entrambe queste soluzioni hanno ben poco a che vedere con un vero e proprio investimento.

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Quando parlo di “investire” mi riferisco infatti a puntare al progresso, alla crescita delle imprese e dei servizi. In generale alla crescita della nostra società.

Crescita che, anche tra qualche alto e basso temporaneo, è costante da… beh, da sempre!

Nel ventesimo secolo, gli Stati Uniti hanno subito due guerre mondiali e altri conflitti militari traumatici e costosi; la Depressione; una dozzina di recessioni e periodi di panico finanziario; shock petroliferi; una epidemia di influenza; e le dimissioni di un presidente caduto in disgrazia. Eppure il Dow Jones è salito da 66 a 11.497”.
(Warren Buffett)

Per inciso, lo stesso indice (che racchiude le principali aziende americane) è arrivato qualche giorno fa a sfiorare i 30.000 punti!

Questo dopo aver subito l’attacco terroristico più grave della storia, una crisi finanziaria pesantissima e una pandemia globale che ha fatto sprofondare in recessione ogni nazione!

Eppure il mondo non soltanto continua, ma progredisce; magari con modalità differenti, trova sempre la via per crescere.

Come puoi investire sul progresso?

Investendo nel mercato azionario.

Facciamo però un passo indietro: cos’è un’azione?

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Col termine azione si definisce un titolo che rappresenta una quota della proprietà di una società: se dunque un azionista possiede anche solo un’azione, può essere considerato socio di una società per azioni.
Le azioni rappresentano una quota del capitale di una data società, pertanto quando si acquista un’azione si diventa soci della società emittente, con tutti i privilegi e i rischi derivanti. Le obbligazioni, invece, rappresentano una quota del capitale prestato ad una società, quindi sottoscrivendo obbligazioni non si acquisisce lo status di socio ma quello di creditore verso la società emittente.

Investire in azioni è piuttosto semplice: si possono infatti acquistare

  • singoli titoli di una società;

  • quote di etf, strumenti che replicano un paniere di azioni, tipicamente un indice di mercato (il FTSE MIB, lo S&P 500, il Nasdaq, ecc);

  • quote di fondi comuni di investimento, ossia un patrimonio autonomo, suddiviso in quote di pertinenza di una pluralità di partecipanti, che viene gestito collettivamente e nello stesso modo per tutti i partecipanti. L’investimento in fondi si effettua pertanto acquistando un certo quantitativo di quote, il cui valore varia in funzione dell’andamento degli investimenti nei quali è impiegato il patrimonio del fondo. In altri termini la società che gestisce il fondo comune d’investimento, chiamata società di gestione del risparmio, raccoglie le quote tra gli investitori e investe in modo unitario queste somme in determinate categorie di attività finanziarie, come ad esempio le azioni. Attuando quindi quei principi di diversificazione che spesso un piccolo azionista non riesce a raggiungere da solo.

Chiaramente lo “strumento” è importante: molto spesso si tende ad investire in aziende che si conoscano; o meglio, che pensiamo di conoscere solo perché leggiamo quotidianamente il loro nome su internet.

E questo porta a concentrare i nostri investimenti su poche azioni, spesso solo azioni italiane…e addio diversificazione!

Ancora più importante dello strumento è però il nostro comportamento.

Soprattutto il nostro comportamento quando si verificano eventi “inaspettati” (o meglio, che noi non ci aspettavamo).

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Gli investimenti azionari sono senza dubbio i più remunerativi. Devi però prendere tutto il “pacchetto”! Cioè accettare le oscillazioni che in certi momenti possono essere piuttosto fastidiose. E’ questo il vero “prezzo” da pagare per quel rendimento maggiore rispetto al lasciare i soldi a dormire sul conto corrente.

E devi essere paziente!  “Se non sei disposto a possedere un’azione per dieci anni, non pensare nemmeno di possederla per dieci minuti”, dice il nostro amico Buffett.

Molti investitori invece acquistano azioni per speculare, per “giocare in borsa”; diventando così ossessionati dai prezzi, controllandoli costantemente per vedere se i loro soldi stiano aumentando o meno.

Ed è proprio l’eccessiva attenzione alle fluttuazioni del mercato che fa fare scelte sbagliate.

La volatilità è una caratteristica presente in tutti i mercati sani ed è anche la componente che consente ai mercati finanziari di offrire rendimenti nel tempo. I mercati salgono e scendono, ma la loro tendenza di lungo periodo è storicamente crescente (le fasi rialziste dei mercati storicamente sono più lunghe e più redditizie).

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Bisogna quindi evitare di farsi prendere dal panico o dall’avidità al fine di preservare al meglio il nostro investimento e non intaccare la nostra strategia di lungo periodo. L’eccessiva attenzione alle fluttuazioni quotidiane del mercato rischia di portare a vendere quando i prezzi sono già oltremodo scesi e comprare tardi, quando i prezzi sono troppo alti.

Un modo per gestire al meglio l’emotività è ricorrere a strategie di investimento non discrezionali, che prevedano un approccio graduale e sistematico ai mercati. L’automatismo consente di superare tentazioni quali il market timing. Il PAC (piano di accumulo di capitale) si adatta soprattutto a chi intende costruire gradualmente nel tempo una corretta diversificazione dei propri investimenti.

Il piano di accumulo aiuta a perseguire gli obiettivi d’investimento con metodo e sistematicità.

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Il PAC permette infatti di entrare sul mercato con innesti periodici frazionati nel tempo. L’investitore può liberamente scegliere la durata e la cifra da accantonare in funzione all’obiettivo che si è posto. E la sua efficacia è massima quando la struttura del piano prevede versamenti automatizzati.

Investire regolarmente e con sistematicità, anche durante fasi sfavorevoli dei mercati, offre infatti il vantaggio di abbassare il prezzo medio di carico.

E ci toglie dall’angoscia di chiederci “è il momento giusto per investire?” e dalla presunzione di fare previsioni che, soprattutto in finanza, lasciano davvero il tempo che trovano.

Un esempio concreto? Quello che è successo a chi ha investito sulle azioni europee nel 2020.

Chi ha investito 8.000 Euro il primo di gennaio sull’indice Eurostoxx 50 (che racchiude le principali 50 società europee), il 31 agosto si ritrova con un valore del suo investimento pari a 6.984 Euro, con un calo di oltre il 12%.

Chi ha invece investito in modo graduale 1.000 Euro ogni primo giorno del mese, ha investito complessivamente sempre gli stessi 8.000 Euro, ma il valore del suo investimento oggi è pari a 8.137 Euro, con un guadagno di quasi 2 punti percentuali.

Stesso indice, ma modalità diverse. E risultato molto diverso…da -12% a +2%

Ed è possibile migliorare ulteriormente l’efficenza del metodo cogliendo ancor più valore dalle oscillazioni dei mercati.

Vuoi saperne come fare?

Contattami, sarà un piacere potertene parlare.

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Il conto corrente è morto, lunga vita al conto corrente!

  • Rendimenti azzerati (se non addirittura negativi)

  • Costi aumentati

  • Rischio Bail-in

  • Fiducia nelle banche in costante diminuzione

  • Rischio “patrimoniale”

  • Occhio attento del Fisco a tutti i movimenti di conto

Tutti elementi che dovrebbero decretare la “morte” del conto corrente (sia bancario che postale).

E invece no! Tutt’altro, il conto corrente è vivo e vegeto! E sempre più “ricco”!

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Bankitalia ha infatti certificato che sui conti correnti degli italiani sono depositati ben 1.460 miliardi di Euro!

Un aumento di quasi il 7% rispetto al 2019.

Come dicono gli economisti: “Cash is King”, il contante è il re.

E’ vero, insieme ai vecchi e cari titoli di Stato, siamo tutti da sempre “innamorati” del conto corrente:

  • soldi sempre disponibili (a patto di prenotarli con qualche giorno di anticipo se vogliamo prelevare i contanti)

  • soldi “al sicuro” (del Bail-in tanto non se ne preoccupa più nessuno, così come pochi sanno che l’articolo 1834 del codice civile stabilisce che “Nei depositi di una somma di danaro presso una banca, questa ne acquista la proprietà…”, ovviamente l’articolo prosegue affermando che la banca “è obbligata a restituirla”; ma tant’è).

Noi italiani in particolare abbiamo sempre identificato la ricchezza con gli immobili posseduti e con quanti soldi abbiamo “liquidi” sul conto corrente, trascurando altri investimenti che si sarebbero dimostrati molto più redditizi.

Non voglio certo dire che dobbiamo abbandonare il nostro caro conto corrente.

E’ essenziale per la nostra vita: spese ordinarie, bollette, affitto, mutuo, bancomat, carta di credito, stipendio…il conto corrente è lo strumento perfetto per gestirli.

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Da qui a detenere 1.460 miliardi però il passo è bello lungo!

Oltre al fatto che lasciare i nostri soldi sul conto corrente per un periodo molto lungo significa perdere, in termini reali (per colpa dell’inflazione) una parte del nostro potere di acquisto.

Punto di partenza per una decisione oculata su come gestire al meglio questa “eccedenza” è sempre un’analisi accurata della propria situazione personale, familiare, aziendale e finanziaria.

Seguita da una pianificazione finanziaria che ci guidi nelle scelte di investimento.

E se proprio non puoi fare a meno ti detenere liquido un bel “gruzzolo”, almeno scegli un conto corrente che ti faccia mantenere il più possibile il valore “reale” dei tuoi soldi.

Puoi arrivare al 2% di interessi: può non sembrarti granché, ma è sempre meglio che lasciarli, magari pagando, ad invecchiare sul solito conto.

Contattami, sarà un piacere potertene parlare.

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Bond, o non bond, questo è il dilemma

Amleto:
Essere, o non essere, questo è il dilemma: se sia più nobile nella mente soffrire i colpi di fionda e i dardi dell’oltraggiosa fortuna o prendere le armi contro un mare di affanni e, contrastandoli, porre loro fine?

Insieme al conto corrente, l’investimento più amato dagli italiani è certamente il titolo di Stato.

Passati gli anni gloriosi dei BOT, titoli che durano al massimo 12 mesi, con rendimenti a due cifre (dobbiamo andare indietro a prima degli anni ‘90…), ora sono i BTP, titoli a tasso fisso a durata pluriennale, che attirano i risparmi degli investitori italici.

Nonostante rendimenti tutt’altro che scintillanti!

Prova ne è il successo delle ultime emissioni speciali di BTP legati all’emergenza Covid: il BTP Italia e il BTP Futura.

I titoli di Stato, come tutte le obbligazioni (bond in gergo) non sono altro che prestiti che i sottoscrittori concedono a chi emette le obbligazioni.

L’emittente per contro si impegna a restituire il capitale ad una scadenza prestabilita, riconoscendo agli investitori un interesse.

Normalmente, più avanti nel tempo è previsto il rimborso e più alto è l’interesse che viene riconosciuto.

Alla stesso modo, più è considerato “a rischio” l’emittente (rischio cioè che possa non essere in grado di restituire il capitale prestato), più è alto l’interesse convenuto. Il cosiddetto “premio per il rischio”.

Fin qui tutto bene. O forse no…

Gli effetti magici del Quantitative Easing

Gli effetti magici del Quantitative Easing

Perché negli ultimi anni, soprattutto grazie agli enormi acquisti di titoli obbligazionari effettuati dalle banche centrali (il Quantitative Easing), i rendimenti offerti dalle obbligazioni sono scesi in modo vertiginoso.

Arrivando addirittura ad essere “negativi”: presto 1.000 euro e me ne vengono restituiti, magari dopo 10 anni, 950!

Com’è possibile? Cerco di spiegarmi.

Il rendimento di una obbligazione è dato dalla differenza tra il prezzo di acquisto e il prezzo di rimborso (solitamente il valore nominale), a cui vanno sommati tutti gli interessi che verranno pagati duranti la “vita” del titolo.

Il prezzo delle obbligazioni risente, come tutti gli altri beni, delle dinamiche di acquisto e vendita del mercato.

Quando c’è molta richiesta il prezzo sale, viceversa quando prevalgono le vendite il prezzo scende.

Gli acquisti delle banche centrali hanno generato un costante “eccesso di richieste di acquisto”, pertanto il prezzo è salito (e continua a salire) anche ben oltre il valore a cui verrà rimborsato a scadenza, interessi compresi!

Esempio lampante i titoli di stato tedeschi (bund):

il titolo con scadenza a gennaio 2030, che garantisce una cedola annua del 6,25%, è quotato oggi 165.

Attenzione perché alla scadenza, tra poco meno di 10 anni, l’obbligazione sarà comunque rimborsata a 100, anche a chi la compra oggi a 165!

E’ vero che incasserò 10 anni di cedole al 6,25% (il 5,468% netto), ma mi ritroverò alla scadenza con meno soldi di quelli che ho investito (e tutto questo dopo 10 anni!).

E dobbiamo aggiungere l’effetto dell’inflazione!

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Bada bene, questi rendimenti non riguardano solo i titoli tedeschi, ma anche quelli di tantissimi altri emittenti.

In Italia va un pochino meglio per gli investitori perché almeno il rendimento complessivo è positivo, anche se solo un “misero” 1% (lordo) per il titolo con scadenza 2030.

Il motivo della differenza tra titoli italiani e tedeschi? Ricordi quando prima ti parlavo di “premio per il rischio”? Ecco, la differenza tra il rendimento del titolo di stato tedesco a 10 anni e quello italiano, sempre a 10 anni, identifica il “premio” per l’investitore che decide di prestare soldi allo stato italiano invece che a quello tedesco. E questa differenza è chiamata spread, ne avrai sicuramente sentito parlare!

Queste “droga” delle banche centrali che gonfiano a dismisura i prezzi di titoli di stato e obbligazioni sta limitando tantissimo gli investimenti in bond.

Qualche buona opportunità però c’è ancora: come ad esempio gli investimenti in private debt, titoli di credito emessi da aziende private che uniscono le esigenze di credito delle imprese con la domanda di rendimenti più alti da parte degli investitori.

Al momento gli interessi medi corrisposti in queste operazioni private sono di circa il 5%, ben più generosi rispetto a quelli offerti dai “nostri” tanto amati BTP.

Richiamando Amleto, a meno che tu non ritenga più nobile soffrire per l’oltraggiosa fortuna offerta da miseri titoli di Stato, è sufficiente combattere gli affanni di valutare soluzioni diverse da quelle a cui sei abituato per trovare le giuste soddisfazioni.

Contattami, sarà un piacere potertene parlare.

Tassi reali delle obbligazioni con inflazione e bollo Monti

Tassi reali delle obbligazioni con inflazione e bollo Monti

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Fortnite attacca il tesoro di Apple!

All’alba dell’attacco di Fortnite al suo servizio più “ricco”, Apple raggiunge il massimo valore di sempre a Wall Street: 2 trilioni di dollari!!

Significa che va tutto bene? O che è il momento di scappare via?

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Apple ha oltre 40 anni di storia e, anche attraversando momenti difficili, si è sempre distinta per le sue idee innovative.
Innovazioni che, ancor di più  negli ultimi anni, si sono accompagnate alla crescita esponenziale del valore delle sue azioni quotate a Wall Street.

Qualche giorno fa, il 19 agosto 2020, ha raggiunto la valutazione record di 2 trilioni di dollari: duemila miliardi!

E pensare che tutto iniziò con trentamila dollari: i proventi della vendita di circa duecento apparecchi costruiti, ovviamente in garage, da un giovane ingegnere geniale, Steve Wozniak; ma a venderli, a 150 dollari a pezzo, era stato il suo nuovo amico, Steve Jobs. Senza quell’affare, dirà molti anni dopo Steve Jobs, “la Apple non ci sarebbe stata”.

La cosa incredibile è che se per raggiungere il primo trilione di valutazione sono serviti 42 anni, per raddoppiare quel valore sono stati sufficienti appena 2 anni!!

Per comprendere quanti siano 2.000 miliardi di dollari, basti dire che soltanto sette paesi del mondo hanno un prodotto interno lordo più alto di duemila miliardi di dollari: Stati Uniti, Cina, Giappone, Germania, India, Regno Unito e Francia. A quota duemila miliardi, all’ottavo posto, c’è l’Italia (o almeno li aveva fino all’anno scorso…).

E questo avviene proprio nel momento in cui tutto il mondo sta vivendo la più grande recessione che si ricordi.

A cosa dobbiamo questo successo? Un nuovo iPhone? Un nuovo Mac? Niente di tutto questo.

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Certamente le vendite di nuovi device sono importantissime, ma il settore che sta trainando la valutazione record non è quello dei prodotti ma quello dei “servizi”. E in particolare l’App Store.

Il fatturato dei “servizi” (iCloud, Apple Music, Apple Pay, solo per citarne alcuni) si è decuplicato negli ultimi 10 anni!

Con la vera macchina da soldi che è appunto l’App Store, il negozio virtuale dove si acquistano tutte le app.

Perché l’App Store è così importante in termini di profitti visto che gran parte delle app che scarichiamo sono gratuite?

Perché queste app prevedono acquisti successivi per continuare a usare i servizi e su ogni acquisto Apple trattiene il 30 per cento senza dover fare nulla o quasi. E questo 30 per cento è quasi tutto “margine”: vuol dire che il profitto dei servizi è molto più alto di quello che prodotti che hanno costi importanti.

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Attenzione però ad un possibile “baco” che sta attaccando la mela: Fortnite!

Epic Games è la società che nel 2017 ha creato Fortnite, un gioco di sopravvivenza che sta spopolando in tutto il mondo (oltre 350 milioni di giocatori attivi!) e che prevede acquisti costosissimi per riuscire ad avanzare nel gioco.

Ebbene, il 30% del ricavato di questi acquisti viene trattenuto da Apple (e da Google per i dispositivi Android).

Epic Games ha cercato di aggirare questa “tassa” creando un proprio negozio dove fare acquisti all’interno del gioco (abilità, mappe, armi, magliette, un po’ di tutto insomma).

Video di Fortnite contro Apple

Video di Fortnite contro Apple

Per tutta risposta Apple ha rimosso Fortnite dall’Apple Store!!

Da qui l’inizio della battaglia legale: sarà l’antitrust a decidere se quel 30 per cento è un prezzo congruo o meno.

Intanto però è giusto fare attenzione perché si tratta di un vero e proprio attacco al cuore del potere (finanziario) di Apple.

E potrebbe essere solo l’inizio; anche altri hanno infatti già alzato la voce contro Apple e il “suo” 30%: con Facebook in testa!

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In realtà dietro l’attacco di Fortnite potrebbero celarsi interessi ancora più complicati che poco hanno a che fare direttamente con Apple.

Trump continua infatti il suo suo braccio di ferro con la Cina: l’ultimo “attacco” lo ha sferrato mettendo al bando TikTok e WeChat, due applicazioni cinesi molto molto popolari in tutto il mondo, soprattutto in Cina.

E la società proprietaria di WeChat è proprio uno dei maggiori azionisti di Epic Games….

Si intuisce pertanto che l’attacco a Apple sia anche una ritorsione verso la politica del governo Trump.

Attacco a Trump che tuttavia potrebbe danneggiare enormemente Apple: oltre alla battaglia sul 30% infatti c’è il rischio che i consumatori cinesi abbandonino l’iPhone (2/3 dei possessori cinesi  del melafonino infatti si sono detti pronti a cambiare se non potranno più utilizzare WeChat): e sarebbe un colpo durissimo ai bilanci dell’azienda di Cupertino.

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Nel frattempo, per  intercettare un sempre maggiore numero di investitori, Apple ha annunciato che le azioni verranno frazionate in quattro. Questo permetterà agli azionisti di Cupertino di ricevere quattro titoli per ogni azione detenuta (rapporto 4:1).

Ovviamente anche il prezzo del titolo verrà diviso con lo stesso rapporto (prima del frazionamento un’azione è arrivata a costare quasi 500 dollari).

L’obiettivo dello stock-split è quello di abbassare il prezzo delle azioni, rendendolo più appetibile per una più ampia platea di investitori. In questo modo, l’azione che subisce uno split diventa più allettante e il conseguente incremento della domanda finisce per far alzare nuovamente le quotazioni.

Apple ha superato tantissimi momenti difficili nei suoi 40 anni di storia: ce la farà anche questa volta?

Gli investitori (guidati da Warren Buffet che investe oltre il 40% del suo immenso patrimonio proprio in azioni Apple) stanno scommettendo che tutto continuerà esattamente come adesso.

E’ una scommessa coraggiosa.

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???? Chissà...chissà...domani...????

Chissà…chissà…domani…su che cosa…metteremo…le mani…

Sono le prime parole del capolavoro di Lucio Dalla, Futura.

E Futura è anche il nome del nuovo BTP in emissione a inizio luglio. E non è detto che sia un capolavoro

Cosa ci riserverà il Futura?

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Dopo appena un mese dal BTP Italia, il titolo di Stato a 5 anni legato all’inflazione (ne ho parlato qui) lo Stato italiano è pronto al lancio del nuovo BTP Futura.

Si tratta di un titolo di Stato a tasso fisso e durata 10 anni e anche questa emissione e rivolta alle famiglie italiane.

Mancano ancora, e non è poco, gli interessi minimi delle cedole semestrali che saranno comunicati il 3 luglio (10 luglio i definitivi). Il tasso è fisso ed è previsto crescente in tre step pluriennali. Il primo periodo sarà di quattro anni dove il tasso resterà invariato, nei successivi passaggi potrà essere modificato. La sottoscrizione avrà inizio il 6 luglio, tre giornate disponibili, nessun costo di commissione, nessuna ripartizione. Tutti coloro che sottoscriveranno, a prezzo unitario 100, avranno i titoli richiesti. Nessun vantaggio fiscale aggiuntivo, grava il 12,50% sul rendimento come per altri prodotti pubblici.

Il Tesoro ha chiarito che i titoli in offerta avranno un premio fedeltà finale collegato alla crescita del PIL Nominale. Da un minimo dell’1% si potrà arrivare a un massimo del 3% dell’investimento per coloro i quali deterranno i titoli dall’emissione fino alla scadenza.

L’obiettivo dichiarato dal Governo è quella di sostenere l’Italia e la sua economia.

La finalità è senza dubbio lodevole, non c’è nulla di strano per un Paese nel richiedere un aiuto finanziario extra ai propri cittadini, lo hanno sempre fatto tutti in passato (gli USA in primis in tempo di guerra) e non c’è ovviamente nulla di male per un cittadino nel voler sostenere il proprio Paese in un momento di difficoltà. Anzi…

Rimangono tuttavia i dubbi che sia lo strumento più efficace per supportare concretamente le imprese e rilanciare l’economia.

Non sarebbe meglio far arrivare queste risorse DIRETTAMENTE alle aziende?

Sì perché, tra Stati Generali, rimandi, tanti “faremo” e “stiamo valutando le varie ipotesi”, non è che il nostro Governo spicchi per efficienza e rapidità di azione.

Senza interventi strutturali di medio lungo termine, senza interventi veloci oggi che possano salvare il tessuto  imprenditoriale, la ripresa italiana, laddove ci dovesse essere, sarà asfittica come quella degli anni scorsi e, con il PIL sempre prossimo allo zero, anche per il BTP Futura ci sarà ben poco a cui essere indicizzati.

Perciò se anche tu vuoi investire parte della liquidità che hai sul conto corrente per sostenere l’Italia puoi intraprendere due strade, molto diverse tra loro:

  • Da una parte il BTP Futura: sottoscrivendo questo debito pubblico finanzi il nostro Paese che con questi soldi dovrebbe poi “fare cose” per farlo ripartire e crescere.

  • Dall’altra la possibilità di investire nelle piccole e medie imprese italiane, sostenendole direttamente, apportando capitali e beneficiando anche del completo sgravio fiscale dei guadagni che conseguirai.

E’ evidente che un titolo di Stato e un fondo di private equity sono due soluzioni estremamente diverse tra loro dal punto di vista del profilo di rischio, della conoscenza ed esperienza necessari per poterli sottoscrivere.

Se però stai pensando di impegnarti per i prossimi 10 anni tieni presente anche questo: è vero che il BTP Futura si potrà liquidare in qualsiasi momento, ma essendo in mano alle famiglie e prevedendo il bonus finale, è probabile che gli scambi saranno molto limitati; e il prezzo del titolo potrebbe essere deludente se ti dovessi trovare nella necessità di vendere.

E questo impegno ti verrà compensato da un rendimento comunque molto basso, per di più tassato!

Perciò perché non valuti concretamente la seconda strada?

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Puoi farlo Giovedì 25 Giugno alle ore 18 collegandoti al Webinar sui PIR Alternativi.

Registrati al webinar

Dei PIR Alternativi ho parlato anche in un altro post.

E resto a tua disposizione per darti tutte le informazioni che ti servono per fare la scelta giusta.

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Il Ritorno dei PIR

Forse mi sono fatto un po’ prendere la mano con la foto, ma ho appena riguardato tutta la saga di Star Wars insieme a Giorgia (mia figlia) e non ho saputo resistere alla “forza”! ????

Anche perché i PIR, soprattutto i nuovi PIR Alternativi, possono essere una formidabile arma per sconfiggere la crisi che incombe sulla nostra economia e sulle nostre imprese a seguito del virus.

Cosa sono i PIR?

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Piani Individuali di Risparmio sono una forma d’investimento incentivata fiscalmente introdotta nell’ordinamento italiano con la legge di stabilità 2017 per aumentare gli investimenti nelle aziende italiane mediante il risparmio delle persone fisiche.

Almeno il 70% del capitale raccolto dovrà infatti essere investito in aziende italiane e, se detenuto per almeno 5 anni, oltre ad essere escluso dalle imposte su successioni e donazioni, l’investitore sarà completamente esentato dall’imposta sul capital gain (un vantaggio notevole vista l’aliquota del 26%!). QUI le principali caratteristiche dei PIR.

Inizialmente molto apprezzati, i PIR hanno via via perso parecchio della loro attrattiva in quanto potevano investire solo in società italiane quotate (sono poco più di 300 in tutto, la maggior parte delle quali molto piccole).

Allora perché ho parlato di “ritorno dei PIR”?

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Perché oltre ad alcune modifiche normative apportate ai PIR ordinari lo scorso anno, il Decreto Rilancio del maggio scorso ha introdotto i PIR Alternativi che ampliano di gran lunga le opportunità per gli investitori: permette infatti di investire in aziende non quotate e in strumenti di debito o credito per le piccole e medie imprese italiane.

E, pur mantenendo la completa esenzione da imposte, sono stati elevati i limiti di investimento per singolo sottoscrittore ai fini dello sgravio fiscale, stabiliti in 150mila euro annui e 1,5 milioni di euro complessivi.

Una grande opportunità quindi per sostenere le nostre piccole e medie imprese non quotate, che rappresentano l’ossatura della nostra economia, ma che hanno le maggiori difficoltà di accesso al credito.

Oltre ad un vantaggio fiscale davvero importante per gli investitori.

Chiaramente, quando si parla di investimenti diretti in aziende, è fondamentale rivolgersi ad un intermediario non solo competente, ma anche con molta esperienza.

Da anni Azimut ha una SGR (Societa di Gestione del Risparmio) dedicata agli investimenti in economia reale e può già offrire, anche per importi contenuti, soluzioni che rientrano tra i PIR Alternativi, garantendoti tutti i vantaggi fiscali previsti dalla normativa.

Sarà un vero piacere potertene parlare.


Vuoi davvero lasciare le tue scelte a Paolo Fox?

In nessun’altra epidemia della storia degli ultimi cinquant’anni, v’è stata una tale produzione di modelli matematici sull’epidemia e, aggiungerei, tanti modelli smentiti dai fatti. Questo virus li ha fatti fuori a uno a uno”.

Così oggi Maria Rita Gismondo, una delle virologhe diventate “famose” negli ultimi mesi.

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Lo stesso si può dire per i “modelli” della finanza.

Dallo scoppio della crisi è stato un susseguirsi di calcoli, grafici, similitudini col passato per cercare di prevedere cosa sarebbe successo.

L’hanno fatto tutti! Analisti, investitori, giornalisti e…consulenti finanziari. Sì certo, anch’io sono caduto qualche volta nella “trappola” del fare e riportare grafici e previsioni.

Beh, dopo che i principali indici hanno recuperato buona parte della ripida discesa di marzo, ci accorgiamo che tutti quei calcoli, quelle previsioni sono stati completamente sbagliati!

Chi si aspettava un recupero a “V” così rapido?!? Nessuno!

L’ennesima dimostrazione che le previsioni lasciano davvero il tempo che trovano.

Un po’ come le “previsioni” di Paolo Fox per il 2020! ????????

Molto più utile “sfruttare” questo recupero per valutare, con maggior serenità rispetto a qualche settimana fa, se le tue scelte di investimento siano realmente efficienti.

Efficienti non solo rispetto a quello che vuoi realizzare, ma soprattutto a “come” vuoi farlo.

Gli investimenti azionari sono sicuramente i più remunerativi. Devi però prendere tutto il “pacchetto”! Cioè accettare le oscillazioni che in certi momenti possono essere piuttosto fastidiose. E’ questo il vero “prezzo” da pagare per quel rendimento maggiore rispetto al lasciare i soldi a dormire sul conto corrente.

Diversificazione e gradualità sono due modalità in cui puoi non soltanto attenuare le oscillazioni, ma anche sfruttarle per aumentare l’efficienza e la redditività dei tuoi investimenti.

Fondamentale anche individuare i tuoi diversi obiettivi e differenziare le scelte di investimento in base a quelli.

Niente di nuovo, tutto molto ovvio. Almeno se sei nel 10% degli investitori che seguono queste semplici regole e che in questo modo è riuscito a tenere a bada la “pancia” anche nelle ultime settimane.

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Perché se invece sei nel 90% che ancora investe nei 5 titoli che crede di conoscere bene e che aspetta di farlo solo nel “momento giusto” (???), guidato dall’intuito o dalle previsioni del Paolo Fox di turno, beh, allora puoi davvero fare di più per migliorare la tua soddisfazione finanziaria.

Vuoi sapere come?


Confindustria Emilia e Azimut: un supporto concreto alle imprese italiane

Azimut supporta sempre le imprese italiane. E offre agli investitori una marcia in più!

Lunedì 8 giugno alle ore 18 si svolgerà il secondo incontro organizzato da Confindustria Emilia Area Centro e Azimut per analizzare alcune delle opportunità che il mercato ci offre.

Le regole di distanziamento ci impongono ovviamente di svolgerlo ancora in formato webinar.

La volta scorsa è stata approfondita la situazione che si sta vivendo in Cina con una testimonianza in diretta da Shanghai.

Lunedì 8 giugno si parlerà invece di come gli investimenti privati possano favorire la crescita delle aziende italiane e della società nel suo complesso.

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Questi alcuni degli argomenti che tratteremo direttamente insieme ai gestori.

Per partecipare è necessaria la registrazione.

E per qualsiasi informazione


Cosa c’entra il Prof. Zangrillo con la finanza?

Fa molto discutere l’affermazione del Prof. Alberto Zangrillo, primario del San Raffaele di Milano: “Da un punto di vista clinico il coronavirus non esiste più. Qualcuno terrorizza il Paese”.

Immediatamente si sono sollevate le voci di altri Professori che la pensano in modo opposto.

Non entro nel merito di chi ha ragione e chi no; voglio invece approfondire il come reagiamo a queste informazioni.

Le molte persone afflitte da “sindrome della capanna”, con la fobia ad uscire di casa, prenderanno per buone solo le affermazioni degli esperti che confermano le loro paure.

Viceversa chi si è già lanciato nella “movida”, rimuovendo o negando il rischio pandemico, prenderà per oro colato le parole di Zangrillo.

A tutti noi piace avere ragione! Proprio per questo consideriamo vere le notizie che confermano quello che già pensiamo, mentre in un qualche modo “rifiutiamo” quelle che ci danno torto.

Tutta colpa dei bias cognitivi, che rappresentano il modo in cui il nostro cervello distorce la realtà (a fin di bene s’intende!).

La ricerca per identificare gli errori in cui la nostra mente può incorrere è in continua evoluzione tanto che la lista dei bias cognitivi che hanno ricevuto conferma cresce continuamente.

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Nel comportamento capanna/movida possiamo individuarne diversi: il più evidente è il Bias di conferma (confirmation bias): è nella nostra natura dare maggiore rilevanza alle sole informazioni in grado di confermare la nostra tesi iniziale, quelle appunto che ci danno ragione!

I bias cognitivi non sono altro che delle scorciatoie che la nostra mente quotidianamente utilizza, in modo autonomo ed automatico, per risparmiare energie e prendere decisioni in modo più rapido: peccato però che queste scorciatoie ci conducano a volte a prendere decisioni sbagliate.

Che c’azzecca allora Zangrillo con la finanza?!?

Beh, in effetti direttamente il Professore non c’entra nulla!! ????????

L’ho preso solo come esempio per i bias cognitivi che ci affliggono.

Perché quando parliamo di finanza i bias c’entrano eccome!

Qualche esempio?

Ti è mai capitato di riporre eccessiva fiducia nelle tue capacità previsionali? O di esprimere opinioni e giudizi a posteriori (il famoso senno del poi)? Per non parlare della tendenza a considerare più rilevante una perdita che un guadagno di pari entità, che porta a mantenere titoli in perdita e a cedere titoli in crescita. O l’investire solo su titoli che “conosciamo”, anche se sarebbe meglio dire che “crediamo di conoscere”.

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La nostra mente è senza dubbio una delle più raffinate creazioni della natura, eppure ogni tanto va in “tilt” e ci fa comportare come degli asini totali. Perché? E’ evitabile? Come possiamo prendere decisioni migliori, decisioni che ci avvicinino ai nostri traguardi, invece che allontanarcene?

La risposta è sì, possiamo certamente evitare di cadere nelle “trappole” dei bias cognitivi.

E’ soprattutto questo il valore aggiunto che può darti un consulente finanziario esperto, che da anni studia la finanza comportamentale e il processo di correzione degli errori (cd. debiasing):

l’aiutarti a prendere le corrette decisioni, non viziate dall’emotività e da pregiudizi errati.

Vuoi saperne di più?